martedì 26 marzo 2019

That's not perfect

Ho sempre pensato a quanto fosse WOW la vita nei social. A quanto fossero abbaglianti i colori delle foto postate su Instagram o quanto fossero interessati e chilling le foto delle modelle fashion blogger che posano su di uno sfondo panoramico di una città europea o del Grand Canyon.
L'impatto e la parola che rimbomba nel cervello di chiunque è semplice: perfetto.
Perfetta è la vita di questi soggetti, perfetta è la posizione in cui si trovavano nel momento in cui la macchina fotografica a fatto 'click', perfetta e la cottura della brioches che aspetta sulla destra della modella di essere mangiata (per cui tra l'altro ti chiedi, com'è possibile che si mangi una sleppa così di brioches a colazione e riesca a mantenere allo stesso tempo quella linea??), perfetta è la luce dell'alba catturata nella stessa foto.

E allora parte il loop del desiderio: un desiderio puramente irrazionale se ci pensi. Desiderare una vita in continuo viaggio, con un lavoro ancora non troppo chiaro, con un corpo da 45 kg che se ne mangia, come minimo, due di burro alla settimana.

Una gita perfetta insomma.
I social ci rendono veramente ciechi a colte, dobbiamo ammetterlo. Cio che ci vendono visivamente è la lussuria di qualcosa che non potremo mai avere o essere e che causa un senso di frustrazione infinita dalla forma di una scala a chiocciola.
La sensazione di essere mai abbastanza per noi stessi, per la società e per chi ci "follow".

Io ho fatto una scelta: ho scelto di essere il contrario. Voglio essere impacciata, venire brutta nei selfie e pubblicarli, scrivere e dire parolacce, magari lamentarmi di quanto a volte la vita possa fare davvero schifo e infine.
Riderci a crepapelle e ringraziare il cielo per l'esistenza di quella brioches che tu hai la possibilità di mangiarti sul serio perché non ti importa nulla di avere un kilo di troppo .

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